Intervista con Matteo Gamba, di Vanity Fair

«Cesare? Non è così cattivo, è che si dipinge così». Vuol bene Lorenzo Marone al protagonista del suo romanzo, La tentazione di essere felici(Longanesi, pagg. 268, euro 14,90). E non è solo perché col suo romanzo d’esordio gli ha regalato un successo oltre ogni attesa, assieme alla Top ten tra i libri più venduti della Narrativa italiana. E’ un affetto profondo: ci tiene a difenderlo, come un amico.
Cesare Annunziata, 77enne scorbutico e politicamente scorretto, voglio bene anch’io. E’ un personaggio che continua a farti compagnia dopo l’ultima pagina, come un amico appunto. Che ti sta simpatico, col suo frequentare ancoraBacco, Tabacco e Venere (nelle forme morbide della deliziosa prostituta sessantenne Rossana) nonostante un infarto, come avevo scritto nel post di presentazione di questa splendidaVersione di Barney italiana. Che continua a farci compagnia anche in questo blog con i primi tre (Vi sentite mai sicari o paravento?Il tempo delle lumache e L’ultimo volo di Michi, supereroe delle strisce) dei suoi sei racconti, scritti per il Diario di Adamo, che sto pubblicando a cadenza settimanale.
Cesare ha le sue gattacce da pelare, per carità: il rapporto con i figli e un matrimonio da recuperare, dopo la morte della moglie e senza aver capito nulla di quanto accadeva realmente mentre si perdeva tra le amanti. Compito difficile per uno si presenta così: «Sono un vecchio egoista, degli altri me ne frego. Ci riuscirò anche questa volta?».
«”Si presenta” così, appunto, e non a caso la frase compare anche nella copertina. Gli piace raccontarsi peggiore di quello che è. Ma è una maschera: in fondo è un uomo che ha passato la vita con una moglie che non amava, facendo un lavoro che detestava. E si è pure occupato dei figli, eccome», continua a difenderlo Lorenzo Marone.
Un po’ Roberto Saviano, un po’ Giobbe Covatta giovane, lo incontro a pranzo. Ha lo stesso sorriso gentile dei due, con un po’ di amaro del primo e di ironia del secondo. Capelli verso l’addio, barba che accompagna i 40 anni tondi, napoletanità piena, senza urlarla.
Osterialnovequartiere Isola: ristorante e zona perfette per ritrovarsi parecchio «a misura d’uomo» a parlar di libri in mezzo al caos milanese. Non è un’intervista vera e propria, è una chiacchierata libera.
«Cesare trova pure il coraggio di buttar via il cinismo verbale in un momento decisivo, uno di quelli in cui, come nei film, noi-pubblico gridiamo: “E parla dai, non perdere anche questa occasione!”». Senza svelare troppo, la sua storia così regala un po’ di speranza a tutti: «Be’, se si può rinascere a 77 anni, si può farlo pure parecchio prima…». Il segreto della tentazione di essere felici è qui.

Lorenzo sorride: «Cesare però non sono io. E’ solo un personaggio a cui pensavo da molto. Certo, qualcosa di personale c’è sempre. Anch’io ho scelto un lavoro “defilato”. Cesare si finge questore o generale in pensione per farsi ascoltare? Lo faceva mio nonno».
Essere o fingersi persone potenti è spesso, del resto, uno dei pochi mezzi per gli anziani per farsi sentire e rispettare. Il romanzo è popolato da una piccola tribù di amici, vicini di casa, tutti attorno agli ottant’anni. Tra Eleonora, la gattara, e Marino, un uomo gentile con cui la vita non è stata gentile.«Sono quei vecchi che ci passano accanto come Invisibili, mentre si guardano i piedi accanto a noi in ascensore. In palazzi dove ci si conosce sempre meno». 
I tre sono gli unici che vivono ancora “il condominio”, che si aiutano e che soprattutto si accorgono della tragedia che si consuma, tra giovani, dietro una delle molte porte: «Da tempo volevo parlare del dramma della violenza sulle donne. Averlo inserito come un tema che attraversa il romanzo è un modo per farci vedere come si consumi ovunque, vicino a noi, spesso nella nostra indifferenza o desiderio di non vedere». Pure stavolta il «cinico» Cesare darà una bella prova di coraggio e altruismo per niente scontati.
Napoletano come Lorenzo, è uno che cerca sempre il Vesuvio sullo sfondo. La loro Napoli però sfugge da molte convenzioni. E’ una città come tante, per una volta, senza criminalità organizzata o angoscia da assedio della delinquenza: «Si può fare una vita normale anche qui. A me, per esempio, non è mai capitato di subire violenze o rapine o dovermi confrontare con la camorra».
«Per fortuna», sorride ancora Lorenzo. Nella sua vita normale è arrivato il successo letterario. Il lavoro «defilato» l’aveva scelto proprio per mettersi a scrivere «sul serio». Ha fatto leggere i suoi racconti alla moglie Flavia, poi a parecchie giurie che li hanno consegnato i primi Premi letterari. Quello più grande (per ora) è arrivato con La tentazione di essere felici in libreria e sempre più in ascesa grazie al passaparola dei lettori.
Il romanzo ci lascia in sospeso nel finale, in mezzo a una sala operatoria. Parafrasando i fratelli Taviani e pure Misery di Stephen King, lancio il mio appello: «Cesare non deve morire! Lo voglio incontrare ancora, nel tuo prossimo romanzo. E, visto che se ne è parlato al Festival di Berlino, pure in un film o in una sit-com d’autore, perché quel condominio e quegli anziani sono il mondo perfetto in cui si possono affrontare le sfaccettature della vita, tragiche e non solo. Comunque vada, per favore, devo incontrare di nuovo il mio amico Cesare…».
La supplica finisce in un doppio sorriso. E in un brindisi. A limoncello, ovviamente, anche a Milano.

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